Ma parrucchieri ed estetisti quando riaprono?

di Paolo Sardo

Da anni seguo professionalmente la categoria dei parrucchieri e delle estetiste. Dopo quindici anni a contatto diretto con questa categoria, posso ritenermi , come del resto il nostro Studio, specializzato in questo settore. Con i clienti abbiamo sperimentato diversi approcci di analisi e gestione dell’attività dialogando, confrontandoci e supportandoli costantemente con il nostro lavoro. Abbiamo sostenuto e accompagnato gli imprenditori del comparto, che definisco artisti, scultori e designer della bellezza nello sviluppo del proprio business.

Ne parlo con non poco coinvolgimento perché Il nostro metodo di consulenza E=MC2 nato per consegnare al cliente le redini della propria azienda, gli consente di far comprendere gli effetti e le conseguenze economico-aziendali delle sue scelte. E’ un percorso empatico che inevitabilmente crea un rapporto emotivo forte e, spesso, di amicizia, poiché è il frutto di anni e anni di lavoro svolto insieme, di traguardi e di ripartenze da condividere.

Il percorso di specializzazione mi permette, quindi, di analizzare con piena consapevolezza gli effetti sulla loro attività del lockdown prima e del differimento della riapertura poi.

Una bella lettera che mi è piaciuta tanto è quella scritta in prima persona dall’amministratore delegato di Wella Professional, una società specializzata nei prodotti per parrucchieri e centri estetici, che si assume la responsabilità del suo scrivere quando invita Conte, con toni dimessi, a rivedere la decisione di posticipare a giugno l’apertura dei saloni di parrucchieri o barbieri.

Insieme, quindi, condividiamo e testimoniamo, seppur da punti di vista differenti, le preoccupazioni e le tensioni che si respirano tra gli operatori del settore.

Questa categoria, infatti, vive un dramma enorme da quando hanno appreso, dalla famosa conferenza stampa dei congiunti, di dover restare chiusi fino agli inizi del prossimo giugno. Frustrazione che si è materializzata con il gesto simbolico di due parrucchieri di Padova che si sono incatenati al negozio per protesta.

Questa è una delle categorie in maggiore sofferenza perché sono realtà a “bassissima magnitudo”, la maggior parte di loro è costituita da ditte individuali e da imprese familiari, con due, tre dipendenti, e talvolta questi sono già molto indebitati per l’avvio o il rinnovamento dei locali, per l’acquisto o la sostituzione delle attrezzature che richiedono un’alta rotazione per l’usura, hanno leasing o finanziamenti e, sovente, debiti verso l’erario per gli alti costi di gestione e soprattutto per il costo del personale. Personale per il quale provano attualmente una profonda preoccupazione e apprensione per le sorti della loro occupazione, un misto tra senso di colpa nel non potergli garantire la continuità del rapporto lavorativo, e rabbia per non riuscire a soccorrere chi ha condiviso lo sforzo e l’impegno profuso nella crescita o nelle difficoltà. Persone, i dipendenti, a cui i titolari sono legati, nella maggior parte dei casi, da un rapporto che trascende quello esclusivamente lavorativo e che può durare da anni o, a volte, dall’inizio della propria attività. La “bottega” o laboratorio artigianale dove si coltivano abilità, competenze, formazione nella simbiosi maestro-allievo.

Il capitale umano costituisce, infatti, una preziosa risorsa, ma al contempo la principale criticità emotiva ed economica, difficile da reperire sul mercato del lavoro, esuberante in alcuni giorni della settimana e carente in altri, di solito nei fine settimana, situazione questa che non consente quasi mai il raggiungimento di un punto di efficienza e di massima efficacia.

Con il medesimo garbo e, al contempo, la risolutezza dell’AD di Wella, con la medesima “spinta gentile”, propria della teoria dei nudge, invitiamo il governo a riconsiderare l’apertura dei parrucchieri e delle estetiste prima di giugno, prima che una miriade di micro o piccole realtà artigianali non abbia più la forza e la capacità per potersi rialzare.

Le argomentazioni a supporto di una riapertura anticipata sono diverse, ma quella che ha un peso specifico è costituita dalla crescita esponenziale che si sta registrando sugli “abusivi”, già da sempre piaga della categoria e fonte di concorrenza sleale, ormai divenuta consuetudine diffusa anche tra chi era regolare.

Tale circostanza rappresenta di certo un grave pericolo per la diffusione del Covid 19, così come tutte le attività clandestine, poiché prive di controllo e senza la possibilità di verificare il rispetto dei protocolli sanitari previsti.

Altra considerazione, di portata generale, è quella proposta nell’articolo di Antonio Belloni pubblicato su 24 plus de Il Sole 24Ore, sulla visione “apocalittica” contrapposta a quella “realista” a cui stiamo assistendo oramai da tempo. La prima, quella degli apocalittici è costituita da coloro che antepongono la salute all’economia. Gli apocalittici hanno una visione preoccupata rispetto alla resistenza del virus e sono pessimisti rispetto alla possibilità che la comunità riesca a gestirlo e a contenerlo nel breve periodo.

Pensano, quindi, che l’economia si possa “congelare”, che si possa raffreddarla e tenerla in letargo per un lungo periodo. Nel nome della salute, ritengono che la collettività possa bruciare i risparmi, contrarre debiti a lungo termine, sacrificare i posti di lavoro, accettare come fisiologici i fallimenti massivi di interi settori, e persino di andare incontro a rischi profondi in merito ai tempi di una futura ripresa.

Sono convinti che l’economia possa resistere anche se congelata a lungo e che possa tornare come prima quando riavviata.

Ad essi si contrappongono i realisti. Quelli cioè disposti a barattare un rischio di salute (in più) al fine di salvare posti di lavoro, imprese, redditi e risparmi. Anche i realisti sono convinti che sia necessario un raffreddamento dell’economia per salvaguardare la salute dei cittadini, ma ritengono che debba durare poco, che non serva fermarla, ma basti rallentarla per qualche tempo.

Più propensi a descrivere i danni di un’economia congelata, che di un virus diffuso, i realisti sono dell’idea che ridurre il tempo del raffreddamento significhi salvaguardare un asset importante per l’interesse nazionale quanto lo sia la salute.

Fate presto!